Cannabis light

Cannabis ricreativa vs cannabis terapeutica

La cannabis è una pianta abituata a vivere fasi alterne: utilizzata già dalle prime popolazioni dell'Asia, la sua coltivazione è stata un'importante voce nel bilancio di URSS e Italia, è stata utilizzata per realizzare abiti e biancheria per la casa e poi, all'improvviso, è stata dichiarata illegale. Da materia prima a droga in un attimo.

Poi qualcosa si è mosso, grazie alle molte associazioni che da anni si impegnano a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'utilizzo di marijuana. La cannabis infatti ha moltissime qualità, decisive nel trattamento di disturbi psicologici e dolori cronici. 

Oggi le sorti della canapa sono mutate. I provvedimenti legislativi che hanno permesso le legalizzazioni sono due:

  • la legge 462/2016 legalizzava la coltivazione e la vendita di cannabis light, una varietà di cannabis sativa che contiene THC e CBD al pari della marijuana tradizionale, ma ne differiva per le percentuali. Tuttavia, dal 30 maggio 2019, la vendita di infiorescenze di cannabis light è stata dichiarata illegale in seguito a una pronuncia della corte di Cassazione, dal momento che l'obiettivo della legge 462/2016 era regolamentare la coltivazione della canapa industriale come materia prima e fibra tessile. A partire dal 30 maggio, dunque, tutti gli usi della canapa industriale non espressamente citati dalla norma sono da ritenersi esclusi dalla legalizzazione. La questione di certo non può dirsi conclusa e, per capirne di più, occorrerà aspettare che la sentenza della suprema corte venga applicata dai giudici sui casi concreti.  
  • Il decreto ministeriale 9 novembre 2015, che regolamenta l'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico. Il D.M. 9/11/2015 non è stato il primo provvedimento riguardante l'utilizzo della cannabis a scopi terapeutici; da 10 anni in Italia i medici possono prescrivere preparazioni contenenti sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico, da prepararsi in strutture preposte. Come già previsto dal Testo Unico sulle droghe 309 del 1990, la sostanza può esser coltivata dietro autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc

Cannabis light e cannabis terapeutica sono due sostanze completamente diverse, come diverse sono le leggi che la regolamentano e diversi sono i destinatari del loro utilizzo. 

Ma in cosa sono simili e in cosa differiscono cannabis light e cannabis terapeutica? 

I principi attivi

Cannabis light e cannabis terapeutica fanno parte della stessa famiglia, ma presentano notevoli differenze, sia per quanto riguarda gli effetti che per quanto riguarda la composizione. 

La cannabis light contiene THC e CBD al pari di ogni altra pianta di cannabis, ma le percentuali dei due principi attivi sono diverse rispetto a quelle naturalmente generate dalla pianta illegale. La canapa legale infatti poteva contenere fino allo 0,2% di THC, quantità che esclude il manifestarsi di effetti psicoattivi, garantendo il rilassamento dovuto al CBD e nessun altro effetto collaterale. 

La cannabis terapeutica contiene invece un tasso di THC che va dal 7% al 22%, e provoca un effetto molto diverso rispetto a quello della cannabis light. Se infatti la cannabis light induce un senso di rilassamento generalizzato, favorendo il sonno, la cannabis terapeutica ha un impatto molto meno blando sul corpo, che invece percepisce il cosiddetto “sballo” dovuto all'assunzione di THC in percentuali significative. 


Gli effetti

La cannabis light contiene principalmente cannabidiolo, o CBD, una sostanza dalle molteplici qualità benefiche. I ricercatori continuano a studiarne le interazioni con il corpo umano, ma ad oggi sono già molti gli effetti positivi accertati dalla scienza. 


Le proprietà del CBD:

  • proprietà analgesiche e anti-infiammatorie; riduce la percezione del dolore grazie alla sua azione sul sistema endocannabinoide presente nell'organismo umano. I cannabinoidi si legano infatti ai recettori presenti nel cervello e stimolano risposte in diverse zone del corpo, favorendo meccanismi neurologici benefici. 
  • proprietà ansiolitiche; è stato dimostrato che mitiga i sintomi associati al Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) e al Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). Secondo diverse ricerche, il DPTS è generato da una carenza di anandamide nel sistema endocannabinoide umano. Esiste quindi una stretta relazione tra cannabinoidi e sintomi legati ai disturbi d'ansia, che possono essere alleviati con l'assunzione di varietà di cannabis ad alto contenuto di CBD e basso di THC.
  • Proprietà antipsicotiche; alcune prove scientifiche suggeriscono che il cannabidiolo aiuta a trattare la schizofrenia ed altri problemi di salute mentale, come il disturbo bipolare. 
  • Proprietà antiemetiche; gli oli di CBD possono facilmente ridurre questo disturbo, trattando efficacemente i sintomi di rigetto. Gli oli di CBD sono facilmente digeribili, non contengono componenti chimici e non sprigionano i sapori sgradevoli dei normali farmaci antiemetici, ricchi di antiacidi e bismuto.
  • Proprietà anticonvulsivante; il CBD sarebbe molto efficace nella terapie per trattare alcune forme di epilessia infantile, tra cui la Sindrome di Dravet. Gli studi sono ancora molto limitati a livello di casistica, ma i progressi fatti in questo campo sembrano promettenti. 
  • Proprietà energizzanti; noto per i suoi effetti calmanti, il CBD offre anche proprietà energizzanti, grazie alla sua capacità di rafforzare le cellule del corpo umano, contribuendo alla loro corretta rigenerazione.È anche un ottimo antiossidante, secondo uno studio del 2008, addirittura migliore delle vitamine C e E.

La cannabis terapeutica contiene sia THC che CBD in alte percentuali. Il valore terapeutico della pianta sembra collegato al modo in cui funziona il nostro cervello: l’organismo umano possiede un sistema endocannabinoide, formato da recettori che si aprono e si chiudono, regolando lo stato mentale, il sistema immunitario e molto altro. Quando i recettori rimangono chiusi per un “malfunzionamento” legato a una patologia, si possono usare i cannabinoidi delle piante per regolare i segnali nervosi e restaurare l’equilibrio distorto dalla malattia. 

La cannabis terapeutica può essere utilizzata per il trattamento del «dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette», come previsto dal Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015. 


Come si acquista?

La cannabis light, dopo essere stata legalizzata con l. 242/2016, è stata commercializzata liberamente, fino al 30 maggio 2019. Dalla legalizzazione nel 2018, in tutte le città d'Italia hanno aperto i battenti negozi dedicati al commercio di infiorescenze di marijuana light e prodotti derivati; il 30 maggio 2019 una pronuncia della Corte di Cassazione ha cambiato le cose. La suprema corte ha stabilito il divieto di commercializzazione per tutte le sostanze derivate dalla cannabis light diverse da quelli espressamente elencate dalla norma. Ad oggi la situazione è vaga e bisogna aspettare l'applicazione di tale sentenza da parte dei tribunali per capire in che modo cambierà il mercato della cannabis light. 

La cannabis terapeutica invece può essere acquistata nei dispensari autorizzati, solo dietro prescrizione medica. Come già previsto dal Testo Unico sulle droghe 309 del 1990, la sostanza può esser coltivata con autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc. Dal 2007 è possibile importare farmaci contenenti cannnabis terapeutica come Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e Sativex. 

In seguito ad una intesa tra i Ministeri di Salute e Difesa del settembre 2014, le infiorescenze per le preparazioni galeniche possono essere prodotte nello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze dove, dopo una fase sperimentale di un paio d’anni, si coltiva una genetica di cannabis denominata FM2. Il Ministero della Salute sottolinea che, non avendo tali preparazioni a base di cannabis indicazioni terapeutiche autorizzate, «Il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento e specificare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea.

Nella ricetta il medico trascrive, senza riportare le generalità del paziente, un riferimento di collegamento a dati d’archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell’autorità sanitaria, di risalire all’identità del paziente trattato».

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