In questo articolo vi parleremo dei tricomi, delle ghiandole particolari che crescono nei fiori di cannabis e che hanno determinate funzioni. I tricomi sono fondamentali in questa pianta perché sono in grado di regolare alcuni processi specifici, leggi tutto l'articolo per capire cosa sono e a cosa servono queste ghiandole. Nello specifico vi racconteremo di:
- A proposito della cannabis
- Cosa sono i tricomi?
- Classificazione scientifica dei tricomi
- A cosa servono i tricomi?
- Di che colore devono essere i tricomi di una pianta?
- Il metodo dei tricomi, cos'è?
- Come aumentare la produzione di tricomi?
- Cosa sono i terpeni
A proposito della cannabis
In tutti gli articoli in cui ci siamo occupati di cannabis e suoi derivati, ci siamo spesso soffermati su alcune delle loro innumerevoli potenzialità.
Dal punto di vista dell’impiego pratico, terapeutico e ricreazionale.
Del primo gruppo abbiamo visto far parte per esempio lo sfruttamento della fibra tessile ricavata dal fusto.
Gli studi sull’impiego dell’etanolo di canapa come forma di combustibile alternativo ai combustibili fossili e l’impiego della canapa nella gastronomia mondiale.
Del secondo gruppo abbiamo ripetutamente preso in esame i vari aspetti dell’impiego ricreativo e sanitario, resi possibili prevalentemente dai citati cannabinoidi THC e CBD. Le cui similarità e divergenze abbiamo diffusamente analizzato in un articolo specifico.
Per poter scendere nel dettaglio e spiegare più approfonditamente l’evoluzione millenaria della pianta di cannabis, le sue potenzialità di sfruttamento, il suo ciclo vitale e il funzionamento dei suoi principi attivi abbiamo spesso dovuto fare ricorso a premesse o digressioni sulla morfologia della pianta.
Nelle sue due varietà di sativa e indica.
E così, per esempio, abbiamo visto che le due specie hanno sviluppato diverse forme. Non solo! Anche dimensioni di foglie e fusto per potersi adattare al meglio alle diverse condizioni climatiche in cui si sono evolute.
Per quanto riguarda lo studio dei due principali cannabinoidi, invece, abbiamo dovuto introdurre temi citati nell’ambito della chimica e divulgare inevitabilmente termini tecnici di raro sfoggio. Cannabidiolo, barriera encefalica, tetraidrocannabinolo eccetera.
Oggi analizzeremo altri componenti della cannabis di cui la maggior parte dei consumatori vanta un’esperienza… pratica ma non teorica!
Gli elementi più importanti della pianta di cannabis sono quelli che hanno la responsabilità della produzione del principio attivo, che dona alle cime essiccate gli effetti che tutti i fumatori amano.
La marijuana deve essere buona a partire del suo sapore fino ad arrivare alla resina, prodotta nei calici e dai terpeni, che contribuiscono a definire il sapore di ogni varietà di cannabis.
La marijuana è una pianta complessa e ogni suo elemento ha un compito preciso.
Ci sono alcune parti della pianta di cannabis che sono visibili a occhio nudo, mentre altre sono componenti microscopiche, visibili solo al microscopio.
I pistilli, ad esempio, sono l'organo riproduttivo femminile della pianta di cannabis e sono visibili a occhio nudo; si manifestano come "peletti" che sporgono dal calice del fiore della pianta femmina.
Poi ci sono i tricomi, talmente piccoli da poter essere visti soltanto al microscopio, e sono disseminati su tutta la pianta di cannabis.
Cosa sono i tricomi?
Se è vero che non si possono vedere chiaramente e singolarmente è vero però che i tricomi sono fra i responsabili della colorazione della pianta. Questa facilmente individuabile a un semplice sguardo. I tricomi si possono inoltre toccare ed esperire!
Sono infatti i responsabili di quel "senso di appiccicaticcio" sulle dita quando maneggiate piante di cannabis. E più in generale degli effetti dei cannabinoidi su chi li assume, sballo compreso. Vediamo dunque di cosa si tratta.
I tricomi sono delle piccole escrescenze che ricoprono l'intera superficie dei fiori di cannabis legale.
I tricomi sono importantissimi: sono delle piccole ghiandole a forma di fungo, situate sui fiori e sulle cosiddette sugar leaves, le foglioline resinose, e producono la preziosa resina che contiene cannabinoidi e terpeni.
Il dizionario Merriam-Webster attribuisce al tricoma la definizione di "una crescita filamentosa; nello specifico: una struttura pilifera epidermica presente in una pianta".
Paragonare i tricomi ai peli, però, tende a farli confondere con i pistilli, che invece sono perfettamente visibili a occhio nudo.
I tricomi, biologicamente parlando, sono vere e proprie “fucine” di cannabinoidi: tricomi ricchi di CBD saranno più indicati per un utilizzo terapeutico, tricomi con alti livelli di THC saranno utili per favorire la caratteristica azione psicoattiva tipica della marijuana.
La resina viene conservata dalla pianta proprio all'interno dei pistilli, come se si trattasse di una piccola cassetta di sicurezza.
Conoscere le fasi del loro stadio di maturazione è fondamentale per ottenere un prodotto finito di alta qualità. I tricomi sono miscroscopici, perciò è quasi impossibile osservarli a occhio nudo e apprezzarne i cambiamenti.
Per poterli studiare con precisione occorre utilizzare una lente di ingrandimento o meglio un miscroscopio digitale, che permetta di osservarli sul monitor del pc.
Analizzarli con cura è importante, perché, proprio come accade con i pistilli, anche nel caso dei tricomi il compimento della maturazione è dato da una variazione cromatica: bisogna attendere che queste escrescenze passino dal loro aspetto trasparente ad una tonalità più lattiginosa ed opaca.
Classificazione scientifica dei tricomi
Gli scienziati hanno identificato tre categorie di tricomi presenti nella pianta di cannabis:
- TRICOMI GHIANDOLARI
I tricomi ghiandolari producono sostanze all'interno della loro ghiandola. Nella pianta di cannabis esistono tre principali tipologie di tricomi ghiandolari.
- Tricomi capitati-peduncolati
I tricomi capitati-peduncolati sono i più grandi e misurano 50–100 micron di larghezza. Queste ghiandole sono generalmente visibili sulle cime di buona qualità. Come si può intuire dal nome, questi tricomi sono composti da uno stelo relativamente ampio, su cui poggia una ghiandola ricca di cannabinoidi e terpeni.
- Tricomi capitati-sessili
Più piccoli dei precedenti, questi tricomi però sono altrettanto importanti. Raggiungono i 20–30 micron di diametro e anch'essi, come i capitati-peduncolati, sono dotati di stelo.
- Tricomi bulbosi
Nonostante il nome, i tricomi bulbosi sono davvero microscopici e non superano i 10–15 micron di larghezza. A differenza delle altre due tipologie, però, non possiedono un gambo, ma ricoprono l'intera superficie della pianta.
- TRICOMI NON GHIANDOLARI
Questi tricomi si distinguono dagli altri per l'assenza di ghiandole: di conseguenza non contengono cannabinoidi, ma svolgono diverse altre funzioni.
- Tricomi unicellulari
I tricomi unicellulari hanno il compito di proteggere la pianta da stress ambientali, come alte temperature o mancanza d'acqua.
Inizialmente ricoprono la pianta quando è giovane, crescendo sulla parte inferiore delle foglie. Sono costituiti da una sola cellula e sono visibili soltanto al microscopio.
- Tricomi cistolitici
Anche i tricomi citolitici nascono all'inizio del ciclo vitale della cannabis.
Sono simili ai tricomi unicellulari, ma sono più grandi e presentano delle escrescenze sulle pareti cellulari che li rendono ruvidi al tatto; hanno il compito di proteggere gli esemplari giovani da eventuali predatori erbivori.
- Tricomi anteridiali sessili
I tricomi anteridiali sessili crescono esclusivamente sulle antere e sui calici della pianta di cannabis. Hanno una dimensione di circa 80 micron e sono quindi i più grandi tra i tricomi sessili.
Si pensa che in natura i tricomi svolgano alcune funzioni di protezione della pianta di cannabis, per favorirne la sopravvivenza.
Il manto appiccicoso di resina è uno strumento di difesa primaria contro funghi, insetti e predatori erbivori.
Alcune mosche e funghi non sono in grado di penetrare la barriera di tricomi, mentre i terpeni eliminano l'odore di verdura, scoraggiando ragni e simili.
Inoltre, come già anticipato, i tricomi svolgono una funzione chiave per la crescita della cannabis in condizioni climatiche avverse.
Lo strato di resina offre all'erba selvatica una protezione contro i venti violenti, dallo scirocco del deserto alla bufera siberiana.
I tricomi agiscono perfino come una barriera naturale contro il sole, proteggendo le piante di marijuana dagli effetti dei raggi UV.
Dalla resina prodotta dai tricomi si fa l’hashish.
Anticamente in Marocco di produce una asta scura molto più potente dell'erba, avvolgendo le infiorescenze in un tessuto a maglie larghe, in modo tale da permettere ai tricomi di passare attraverso.
Il materiale ottenuto veniva raccolto in un recipiente e compressato in panette.
A cosa servono i tricomi?
Abbiamo già visto come durante la sua evoluzione millenaria la cannabis abbia attuato una serie di strategie difensive, prevalentemente morfologiche.
Atte a proteggerla da climi eccessivamente umidi e soffocanti o al contrario aridi e freddi. I tricomi sono un’altra arma difensiva.
La pianta di cannabis inizia la produzione di tricomi non appena il seme germoglia. Questa produzione procede incessantemente e regolarmente fino a raggiungere il suo apice durante la fase di fioritura.
“Colorando” con lievi sfumature calde una pianta che fino a poco prima sembrava solo verde. Fino ad arrivare all’apice della crescita nelle ultime settimane di fioritura.
Essi sono diversi e specializzati: possono crescere nella parte inferiore delle foglie, nei fusti, nei piccioli o nei fiori. Possono essere costituiti da una singola cellula ma possono essere anche pluricellulari. Esistono “tricomi ghiandolari sessili”, “tricomi capitati peduncolati”, “tricomi bulbosi” o “tricomi cistolítici”. Ognuno con forme e dimensioni diverse.
Queste goccioline prodotte dalla pianta la proteggono da una serie di aggressioni esterne. Insetti nocivi, l’usura da sfregamento dei rami al vento. Inoltre costituiscono un filtro contro i raggi UV, e un termocoibente contro disidratazione da caldo eccessivo o ipotermia.
E’ stato anche notato che difendono la pianta da aggressioni fungine, rendendola particolarmente refrattaria alle infezioni.
Da un altro versante un tricoma può essere visto come una vera e propria fabbrica di oli essenziali, cannabinoidi e terpeni.Dunque responsabile a pieno titolo degli effetti, psicoattivi e non, della pianta sul consumatore.
E a proposito di terpeni, di cui ci siamo occupati en passant in un recente articolo sui processi di decarbossilazione della cannabis, anche loro hanno fra le altre una funzione difensiva. Emanando il tipico aroma molto pungente dissuade infatti quegli insetti in cerca di… lattuga!
I tricomi sono insomma un insostituibile alleato per il coltivatore e il consumatore di cannabis. Oltre a tutto ciò, a un occhio esperto i tricomi forniscono importanti dati sulla qualità e stadio di sviluppo di una pianta di cannabis.
Di che colore devono essere i tricomi di una pianta pronta per il raccolto?
Innanzitutto è bene che la pianta presenti una notevole quantità di tricomi sulla sua superficie. Questo sarà indice di un ricco contenuto di principio attivo.
Per quanto riguarda questo primo aspetto c’è poco da fare: la genetica ha un’importanza rilevante, e se si vuole ottenere una pianta ad alta resa i tricomi, oltre a una corretta coltivazione è essenziale partire da una linea genetica adatta all’uopo.
Esistono tuttavia alcuni trucchetti per indurre le cellule secretorie della pianta a incrementare l’attività. Sappiamo infatti che la maggiore o minore esposizione alla luce incide in modo determinante sulla produzione di tricomi.
E in effetti, piante cresciute in prossimità dell’equatore tendono a produrre quantitativi di resina superiori. Presumibilmente per schermarsi dalla grande quantità di raggi UV.
Ecco quindi che sottoporre artificialmente la pianta a una dose maggiore di raggi UV-B per un periodo di due o tre settimane può incrementare la produzione dei tricomi.
Recentemente, per scrupoli legati al consumo energetico, la maggior parte dei coltivatori di cannabis hanno provato a irradiare le piante con luci al LED. Che notoriamente non emettono raggi UV-B. Tuttavia essi sostengono che sottoporre la pianta a qualche seduta di “stress” la induca a incrementare la secrezione di tricomi.
Si tratta di un azzardo che costringe a una politica di prova-ed-errore, perché naturalmente esiste un punto oltre il quale lo stress diventa irrecuperabile per la pianta, la cui struttura soccombe.
La colorazione dei tricomi fornisce un ulteriore indice di crescita molto importante per il coltivatore.
Infatti i tricomi che una pianta produce durante il ciclo vegetale hanno una propria evoluzione man mano che la pianta cresce.
Così come si potrebbe dire che la pianta muta le sue caratteristiche man mano che i tricomi crescono.
Osservando i tricomi attentamente al microscopio è possibile notare come passino attraverso a tre distinte fasi. In una prima fase appaiono come una distesa di steli sormontati da una capocchia, entrambi trasparenti e cristallini.
In questa fase la produzione di cannabinoidi non è ancora iniziata, e dunque la pianta non è “matura”. Cioè non è pronta per il consumo.
In seguito la capocchia si farà leggermente più voluminosa e i tricomi assumeranno una colorazione più opaca, quasi lattiginosa. Si parla in questo caso di “tappeto nuvoloso”. E’ questa la fase in cui la pianta presenta la più alta concentrazione di elementi psicoattivi. Raccogliere le cime in questa fase darà un raccolto molto ricco di THC.
Dopodiché la pianta inizia una lenta essiccazione, e i tricomi assumeranno una colorazione più bruna. Che va dal color ambra al rossiccio. La pianta cessa di produrre THC. E il THC in esso contenuto inizia la conversione in CBN (cannabinolo).
La cannabis raccolta in questa fase darà un effetto meno psicoattivo e più “corporeo”, stimolando il sonno. Decidere il momento migliore per organizzare la raccolta è fondamentale. Insomma: ad ogni fase il suo effetto, quindi… occhio ai tricomi!
Il metodo dei tricomi: cos'è?
La tecnica dei tricomi è la tecnica più apprezzata dai coltivatori professionisti, perché permette di stabilire con grande precisione quando è arrivato il momento di raccogliere, per ottenere un prodotto finito di altissimo livello.
Questo metodo consiste nell'osservare la variazione cromatica dei tricomi: quando cambiano colore vuol dire che è arrivato il momento di passare alla fase del raccolto e dell'essiccazione.
Quando almeno la metà dei tricomi avrà assunto una colorazione più scura, il contenuto di THC sarà al suo massimo e le piante saranno pronte per essere raccolte.
All'inizio della fase di fioritura i tricomi appariranno trasparenti; quando si presentano così, simili a dei cristalli, vuol dire che i fiori non sono ancora maturi e non hanno ancora raggiunto il massimo della concentrazione dei cannabinoidi.
Con il passare del tempo, i tricomi diventeranno più scuri, fino a diventare color bianco latte.
Quando arriva il momento di raccogliere, la pianta fa in modo di comunicarlo al grower.
Finché i tricomi sono trasparenti, la pianta emana un odore tenue, ma quando diventano opachi vuol dire che la produzione di THC è all'apice e anche l'odore diventa più intenso.
Seguire l'evoluzione dei tricomi è importante perché fa da guida per agire al momento giusto: se si raccoglie troppo presto l'effetto psicoattivo della pianta sarà lieve, a causa della scarsa concentrazione di THC, mentre quando il THC è all'apice, la marijuana darà un effetto euforico, positivo ed energizzante.
Se invece i tricomi si scuriscono ulteriormente e diventano color ambra, le cime raccolte in questa fase produrranno effetti più fisici e sedativi.
Come aumentare la produzione di tricomi?
Tra i coltivatori di cannabis circolano trucchi piuttosto insoliti per aumentare la produzione di tricomi.
Come il lavaggio delle radici con acqua ghiacciata, che consentirebbe di incrementare la quantità di tricomi, terpeni e cannabinoidi in modo semplice ed economico.
Il lavaggio delle radici deve essere effettuato durante l’ultima settimana di fioritura: bisogna innaffiare le piante con grandi quantità d’acqua per rimuovere l’accumulo di sostanze nutritive e, conseguentemente, per migliorare i sapori delle cime.
Non ci sono evidenze scientifiche che spiegano il funzionamento di questo metodo, ma è una tecnica usata da moltissimi grower e, anche nel mondo della cannabis, il passaparola ha la sua importanza.
Il freddo potrebbe esporre le piante ad una forma benefica di stress; inoltre le temperature vicine allo zero impediscono ai terpeni volatili di liberarsi nell'aria durante l'ultima fase della fioritura.
Cosa sono i terpeni?
I terpeni sono composti aromatici contenuti nella pianta di cannabis, che conferiscono alla pianta odore e sapore consueti.
Le caratteristiche della cannabis non sono date, dunque, soltanto dalla varietà e dalla presenza più o meno massiccia di TCH e CBD, ma sono legate a doppio filo alla presenza dei terpeni.
È grazie ai terpeni se alcune varietà di marijuana hanno sentori aromatici particolari ed è sempre merito loro se l'effetto della cannabis che state fumando è più o meno invasivo per l'organismo.
I terpeni vengono prodotti all’interno dei tricomi e la concentrazione e potenza varia in base a fattori ambientali, dal tipo di terreno al tipo di clima.
Come i tricomi, anche i terpeni vengono prodotti dalle piante per difendersi dai predatori: grazie al loro aroma le piante di cannabis fiorite sono in grado di allontanare gli insetti dannosi, attirando quelli benefici responsabili dell'impollinazione.
La quantità e il tipo di terpeni che una pianta di cannabis produce dipende da vari fattori.
La stessa varietà non produce necessariamente gli stessi composti aromatici, in seguito a fattori come il clima, il suolo e i fertilizzanti utilizzati, l'età della pianta, e altri elementi.
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