Tra cannabis e fame esiste una relazione molto stretta. Il consumo di cannabis accelera il metabolismo e attiva i recettori neurali legati alla sensazione di sazietà, generando la cosiddetta “fame chimica”. Tutti sono portati a pensare che consumare cannabis, presto o tardi, incida negativamente anche sulla linea. Eppure non è del tutto vero.
Da quando la cannabis light è stata legalizzata con la legge 242/2016, il dibattito sulle proprietà dei cannabinoidi si è fatto più intenso. Il CBD è una sostanza preziosa, le cui proprietà benefiche incidono su molti aspetti della nostra vita quotidiana.
Cos'è il CBD?
Il CBD, il cui nome completo è cannabidiolo, è uno dei molti cannabinoidi presenti nella pianta di Cannabis. È il secondo più presente in percentuale, dopo il più famoso THC. Se il THC è responsabile dell’effetto psicoattivo della marijuana, gli effetti benefici dell'assunzione del CBD sono scientificamente riconosciuti. Il cannabidiolo è probabilmente il composto chimico più versatile della pianta di cannabis ed ha la capacità di amplificare e regolare gli effetti del THC. E degli altri cannabinoidi.
La relazione dinamica tra i cannabinoidi giustifica la loro efficace azione combinata e origina il cosiddetto effetto entourage. Il risultato della combinazione fra tutte le sostanze contenute nella cannabis può modificare significativamente l’azione dei principali principi attivi. Migliorandone l’azione e riducendo al minimo i possibili effetti collaterali. Nonostante questo, il CBD ha un impatto significativo anche in assenza del THC.
Il sistema endocannabinoide umano
Fino ai primi anni novanta non c'erano stati studi sugli effetti della cannabis sul corpo umano. In mancanza di dati e ricerche scientifiche, si ipotizzava banalmente che i cannabinoidi si dissolvessero nelle membrane del cervello, incidendo negativamente sul loro funzionamento.
Nel 1990 viene identificato per la prima volta il recettore cannabinoide detto CB-1 e nel 1993 i ricercatori dimostrano l’esistenza di un altro recettore cannabinoide, il CB-2. I recettori CB-1 e CB-2 sono presenti in tutto il corpo, ma si concentrano prevalentemente in determinati organi. I recettori CB-1 sono diffusi principalmente nelle cellule del sistema nervoso centrale. Soprattutto nelle aree dell’encefalo. Quelle adibite alla regolazione del sonno e dell’appetito, alla percezione del tempo e del dolore, alla coordinazione motoria e ad alcune funzioni cognitive complesse. Come il giudizio, l’apprendimento, la memoria e le emozioni.
I recettori CB-2, invece, sono stati individuati prevalentemente nelle cellule immunocompetenti. Nella milza, nelle tonsille, nel midollo osseo ematopoietico, nel pancreas. E in basse concentrazioni, anche nel sistema nervoso centrale, in particolare sulle cellule gliali e microgliali.
Il corpo umano, dunque, possiede uno specifico legame con i cannabinoidi, e produce naturalmente sostanze ad essi assimilabili, i cosiddetti ligandi endogeni, chiamati endocannabinoidi. Il primo ligando naturale ad essere isolato, con un forte legame con il recettore CB-1, è stato l’Etanolamide. Acido Arachidonico, chiamato comunemente Anandamide (dalla parola sanscrita “beatitudine eterna”). Pochi anni più tardi, gli scienziati hanno scoperto un secondo ligando, il 2-arachidonil glicerolo (2-AG), capace di legare sia con il recettore CB-1, sia con il recettore CB-2.
I recettori cannabinoidi, i loro ligandi endogeni e le proteine coinvolte nel metabolismo e nel trasporto degli endocannabinoidi costituiscono il sistema endocannabinoide umano. Un sistema di grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo, coinvolto in numerosi processi fisiologici. Come il controllo motorio, la memoria, l'apprendimento, la percezione della fame e del dolore, la regolazione dell’equilibrio energetico, la modulazione del sistema immunitario e di neuroprotezione.
COME IL CBD INTERAGISCE CON IL METABOLISMO?
Oltre che da recettori e segnalatori chimici, il sistema endocannabinoide è costituito anche da enzimi metabolici. Il sistema endocannabinoide è infatti direttamente connesso con diverse funzioni metaboliche, come il trasporto di sostanze nutritive e l'accumulo di energia.
Il legame tra cannabis e metabolismo salta all'occhio anche al consumatore poco esperto. Tuttavia lo stimolo della fame non è il solo risultato dell'interazione tra la marijuana e il nostro organismo. Secondo uno studio condotto nel 2008, lo ECS è in grado di stimolare anche i muscoli scheletrici, il tratto gastrointestinale ed il pancreas endocrino. Questo avviene anche in maniera naturale. Infatti lo ECS compie la stessa azione tramite due cannabinoidi endogeni: l'anandamide e il 2-AG (2-arachidonoilglicerolo). Che si interfacciano con i recettori CB1 e CB2, presenti in varie parti del corpo umano.
Il sistema si attiva durante un periodo di digiuno anche breve, aumentando il senso di fame e indirizzando inconsciamente verso cibi altamente soddisfacenti. Una volta reintrodotto il cibo, il sistema si disattiva e la fame si placa. Ciò non avviene in molti soggetti obesi. L’obesità (come pure il fumo e l’assunzione di alcol) è infatti associata all’iperstimolazione del sistema, che in questi soggetti riceve continui stimoli e rimane iperattivo.
Allo stesso modo, consumare ripetutamente cibi grassi e calorici sembra determinare un aumento dei cannabinoidi endogeni, col risultato di un aumentato desiderio di cibi ipercalorici. In un circolo vizioso, questi alimenti producono un senso di gratificazione molto alto, generando iperfagia e conseguentemente un maggior rischio di obesità e patologie connesse.
Secondo lo Endocannabinoid Research Group, il recettore CB1, se sovra stimolato, può accrescere la possibilità di sviluppare la sindrome metabolica. Condizione patologica associata con sintomi negativi quali alto livello degli zuccheri nel sangue, pressione alta, eccesso di grasso corporeo ed altri ancora. Tuttavia, i ricercatori hanno anche osservato che il CBD, che si dà il caso sia un antagonista del CB1, potrebbe avere proprio la capacità di curare tale patologia ed altre dello stesso tipo.
CBD E DIETA CHETOGENICA
Una dieta ricca di grassi produce un incremento dei recettori Cb-1 e di anandamide all'interno del fegato. Questo per la scarsa attività del principale enzima responsabile del catabolismo degli endocannabinoidi. La sollecitazione di questo meccanismo regola anche le concentrazioni plasmatiche degli ormoni associati con il metabolismo e la nutrizione (insulina, leptina e adiponectina). Com’è noto, l’alterato livello di questi ormoni può influenzare negativamente il comportamento alimentare ed il metabolismo. Ad esempio, l’aumento dei livelli di leptina conduce a diminuzione delle concentrazioni degli endocannabinoidi nell’ipotalamo e conseguentemente inibisce il comportamento alimentare.
La dieta chetogenica è un regime alimentare che prevede l'assunzione di alti livelli di grassi, moderati livelli di proteine e quasi zero carboidrati. È una dieta che sembra mettere in discussione tutto ciò che abbiamo sempre pensato di sapere sul dimagrimento. In realtà il grasso è essenziale per il corpo umano, e in alcuni casi può anche diventare un alleato nella perdita di peso.
La dieta chetogenica punta tutto sull'assenza di glucosio; lo zucchero è la fonte primaria di energia per l'organismo. Questa molecola viene immagazzinata nei muscoli e nel fegato sotto forma di glicogeno, ed è necessaria per produrre energia a livello cellulare. Quando lo zucchero – e quindi il principale “carburante” del nostro corpo – viene meno, l'organismo ha bisogno di cercare l'energia in altre modi ed entra in uno stato metabolico chiamato chetosi. Vuol dire che il nostro corpo sta bruciando i grassi immagazzinati per produrre energia. Il grasso viene prelevato dalle cellule e trasportato verso il fegato, dove viene convertito in chetoni, che possono dare energia al corpo.
Fra i segni indicatori che una persona è entrata in uno stato chetogenico troviamo perdita di peso, aumento dei livelli di chetoni nel sangue, calo dell'appetito, aumento delle energie, spossatezza a breve termine. E prestazioni fisiche temporaneamente in calo.
Il CBD – come già detto – va a stimolare il sistema endocannabinoide e si rivela un ottimo alleato della dieta cheto nella perdita di peso.
CANNABIS E AUMENTO DI PESO
Yan Le Strat, professore di psichiatria all’Università di Parigi, ha intrapreso uno studio i cui risultati chiariscono l’impatto che la cannabis ha sulla perdita di peso. Lo studio prende in esame periodi di consumo molto lunghi e sta mettendo in luce relazioni piuttosto evidenti.
Il primo dato dello studio, e forse il più importante, è che, tra i pazienti presi in esame, solamente il 16% dei consumatori di cannabis ha problemi di obesità. Di norma, se si prendono pazienti con le stesse caratteristiche, stessa età e stessa provenienza, senza il “filtro” del consumo di marijuana, la percentuale è del 26%, ben dieci punti percentuali in più. Questo è il dato statistico cardine, da cui il professor Le Strat e i suoi colleghi sono partiti per analizzare la relazione tra consumo di cannabis e il controllo del peso corporeo. Adesso stanno cercando gli effetti diretti di questa relazione sul corpo umano.
Lo studio suggerisce che il consumo di marijuana giochi un ruolo fondamentale nel controllo del peso. Ma le modalità con cui questo ruolo si articola non sono ancora completamente chiare. Anche perché le cause potrebbero essere più di una.
La ragione più banale e meno scientifica potrebbe essere un fenomeno di costume. Se l'assunzione di marijuana è consentita, essa potrebbe sostituire l'utilizzo di altre sostanze ricreative (come ad esempio l'alcol) che hanno un più forte impatto sul metabolismo essendo ricche di zuccheri.
Semi di CANAPA: IL NUOVO SUPERFOOD
Al di là delle forme di aumento di peso patologico, integrare la canapa nella propria dieta può risultare un'operazione semplice e poco costosa. I derivati alimentari della cannabis sono moltissimi e ormai è facile trovarli in commercio. Si può utilizzare la farina e i suoi derivati, il burro o il semi, che sono un vero e proprio superfood. I frutti della canapa, a prima vista, appaiono come una piccola noce ricoperta di uno strato sottile, lucido e duro. Ricchi di sostanze nutrienti, sono marroni o neri e talvolta anche di color verde-grigio e il loro diametro varia, in media, dai 3 ai 4 mm. I semi di canapa contengono tra il 28% e il 35% di sostanza grassa, dal 30% al 35% di carboidrati e dal 20% al 24% di proteine. Oltre ad elevate percentuali di vitamina B (più di altri alimenti di origine vegetale), di vitamina E, di calcio, magnesio, e di ferro.
I semi di canapa sono un prodotto davvero “stupefacente”. Contengono infatti tutti gli otto aminoacidi essenziali che l’organismo non può sintetizzare autonomamente, e questo li rende altamente proteici e consigliati per una dieta sana ed equilibrata. Non è finita qui: sono degni di nota anche l’apporto vitaminico e la presenza di sali minerali (calcio, magnesio, potassio). Inoltre la canapa ha un altissimo valore nutrizionale, adatto sia a coloro che seguono una dieta altamente proteica, come atleti e sportivi. Sia a coloro che vorrebbero compensare la mancanza di proteine animali per la scelta di specifici regimi alimentari, come i vegani e i crudisti. La presenza di grassi polinsaturi, inoltre, rende la canapa un’ottima alleata contro malattie cardiovascolari (il rapporto Omega 3 e Omega 6 è quello perfetto di 5:1). Ma anche arteriosclerosi, eczemi, acne e le malattie del sistema respiratorio.
È possibile assumere proteine della canapa in polvere come integratore alimentare, consigliato soprattutto per vegetariani, vegani e crudisti e persone a dieta. Si tratta di proteine complete e non trattate, non derivano né dal latte né dalla carne né dalla soia e non contengono additivi chimici.
Sono particolarmente utili per vegetariani e vegani perché sostituiscono l'apporto derivante dai prodotti animali.